Omilie e Meditazioni.
XIV° D.T.O
Ez 2,2-5; 2Cor 12,7-10; Mc 6,1-6
La Spiritualità dell’insuccesso
Carissimi,
Oggi abbiamo un regalo ineguagliabile, veramente ineguagliabile che non ce ne accorgiamo: una spiritualità del fallimento, una spiritualità dell’insuccesso, direi.
Ci sarebbe una tale spiritualità? Vediamolo. Ecco oggi che la Parola di Dio ci parla di Ezechiele a cui Dio non nasconde il suo difficile compito; parlare alle persone che non accolgono :una stipe di ribelli; c’è San Paolo di cui abbiamo delle parole che potrebbero suonarci strane: come è possibile che anche un apostolo come Paolo avesse qualcosa con cui vivere e che lo umiliava al punto da chiedere à Dio di esserne liberato? E anche la risposta di Dio non è meno sorprendente: Egli non lo libera, ma semplicemente gli ricorda che la sua grazia è l’unica cosa importante.
Non sappiamo quale fosse questa spina (non è qui descritta) nel fianco di Paolo, però sappiamo perfettamente qual è la nostra: Per qualcuno è un difetto, l’arrabbiatura frequente, la mormorazione, per qualcun altro è un vizio o un atteggiamento che non riesce a superare. In ogni caso, la preghiera è l’unica cosa che davvero ci aiuta a capire che, se Dio non ci guarisce, significa che tutto andrà a sua maggior gloria. E tu, e noi, riusciamo ad avere questa fiducia cieca in Lui?
Il vangelo ci parla di un atteggiamento di rifiuto. Tale è stato l’atteggiamento dei compaesani del Signore. Avvolte, siamo convinti che se fossimo stati contemporanei di Gesù, avremmo già risolto tutti i nostri problemi e dubbi di fede. Invece, il brano di oggi ci presenta una reazione diversa.
Qual è veramente il nostro atteggiamento?
1 Come sono stati i contemporanei di Gesù, ci rifiutiamo di progredire nella visione delle cose. Siamo fermi, stabili;…. Nelle concezioni.
Tante volte, abbiamo la tentazione di “immobilizzare” il mio prossimo (marito, moglie, figli) nel suo passato. Che cosa sto vedendo? Non ci credo! Non può mai cambiare, lo so. In questo, non siamo diversi di Giudei. Occorre un’apertura della mente, un’apertura che deve scontare i nostri conservatorismi, routine, e soprattutto scuotere, sballottare i nostri universi tranquilli.
2 La seconda cosa è lo shock della chiesa. I nazareni sono scandalizzati della provenienza conosciuta di Gesù: non è costui il falegname? Al nostro tempo, diciamo, il vescovo, il parroco, un tale sacerdote non è…..Se non lo diciamo cosi; c’è questa tentazione.
Io credo in Dio, in Gesù,alla chiesa? Non, perché è imperfetta. C’è lo shock dei nostri idealismi e non siamo pronti ad accertare le imperfezioni della chiesa di cui siamo tutti membri. Dico subito che questo shock è quel del realismo dell’incarnazione: un Dio nato da noi e che abita con noi.
3 La corsa/ ricerca dei miracoli. Viviamo in epoca in cui tanta gente sta alla ricerca sfrenata dei miracoli. Però, i miracoli compiuti da Gesù non hanno basto a creare la fede dei suoi compaesani. “Da dove gli vengono queste cose?” Siamo spesso portati a chiedere a Dio di intervenire apertamente nella nostra vita! Dio deve scrive il suo nome nel cielo al fine di renderlo evidente a tutti?
4 Adesso mi avvio alla conclusione. Davanti all’insuccesso, Gesù ci fa un esempio. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. Abbattuto dai nostri fallimenti della vita quotidiana, siamo tentati di disperare, ma l’atteggiamento non dovrebbe essere quello. Dio non esige di noi il successo, ma l’IMPEGNO. Dio non pretende i frutti, ma una generosa seminagione. Tale potrebbe essere la spiritualità dell’efficienza (basta guardare le pubblicità che ci modellano!) che ve ne pare?
XV° Domenica T. O: Amos7, 12-15; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13
Per mezzo dei suoi messaggeri (oggi abbiamo letto le pagine di Amos, San Paolo ai Efesini e il grano missionario di San Marco), Dio ha preparato l’umanità, nel corso di una lunga storia che ci ha raggiunto, anche noi, alla venuta del suo Figlio e alla rivelazione della salvezza da Lui portata. Partendo dal popolo d’Israele, il suo amore redentore doveva estendersi a tutti gli uomini. Ecco qui allora il motivo della missione affidata ad Amos, a San Paolo, ai dodici Apostoli, pure a noi qui presenti oggi.
Permettetemi di soffermarmi su alcune parole del Vangelo, senza però perdere di vista le altre letture.
1 Per la prima volta, Gesù invia gli Apostoli a predicare. Oggi, Gesù si eclissa e rimette la missione nelle mani degli apostoli. Per la prima volta gli apostoli si trovano da soli e nel dovere de predicare. E già il tempo/il momento della chiesa che è giunto. Abbiamo un Dio che ci manifesta un’attitudine: Dio non vuole fare tutto, al contrario, Egli ci affida una responsabilità importante, non ci vuole manipolare come le marionette. Ciascuno di noi deve pensare alle sue responsabilità nella comunità cristiana, nella sua famiglia, … perché è compito nostro di fare la missione.
2 Gesù prese gli apostoli a mandarli. Davanti ai cinque capitoli, il racconto di Marco ci mostra Gesù con gli apostoli. Questo è il nostro caso: lo stare con il Signore al fine di essere mandati da Lui. Eccoci oggi, ogni giorno per alcuni di noi, ogni domenica, che siamo riuniti attorno a Lui per ascoltarlo e dopo, c’è l’invio che non è solo il congedo. Dopo la messa est, andate, la messa è compiuta. E Gesù che ha istituito questo ritmo della vita. Dopo questa celebrazione, quanti avranno la coscienza di essere inviato a testimoniare? Oppure ce ne sono che, durante le celebrazioni liturgiche, sbadigliano annoiati, nella segreta speranza che tutto finisca al più presto! Pensateci un po’ cari miei.
3. Qual è la nostra missione, che cosa riceveremo dopo la messa?
Gesù gli invio due a due. ”Guai a chi è solo, se cade e non c’è chi lo rialzi”(Ga4, 10).Due stanno meglio di uno(Qo4,9). La prima regola: fare squadra, fare comunità. La vita comunitaria, fraterna è già una predica. Questa è la volontà esplicita di Gesù. Quanti di noi non vogliamo essere controllato dai nostri amici nei nostri comportamenti? Attenzione all’individualismo moderno sotto vari pretesti: lavoro, …. Quanto tempo date alla famiglia? Oppure pensate che se c’è da mangiare, questo basta!
Dobbiamo essere colpito di un fatto: Gesù non dice niente agli inviati su che cosa dovevamo parlare, non c’è messaggio da dare. Solo si limita ai comportamenti, all’attitudine. Non c’è il contenuto dottrinale. Infatti, anche per voi, non v’invio con un certo contenuto dottrinale, l’ho fatto Io durante i miei anni di studio, polo vi raccomando le attitudini. In questo dovrà consistere la nostra conversione, una conversione di atteggiamento. Non è però facile, come lo abbiamo ascoltato nella missione di Amos.
4. San Paolo ci da un modello, egli che sente in lui una gioia di condividere ciò che sente. Forse, non sperimentiamo una gioia da condividere perché i nostri problemi ce ne impediscono. Una cosa e sicura e vera: ogni uomo, prima che appaia al mondo, ha in sé questa chiamata ad un meraviglioso destino: All’immagine di Cristo è concepito dall’ eternità ciascuno di noi. Questo è e deve essere un motivo di gioia e di ringraziamento continuo, ma anche d’impegno. Già adesso, il dono dello Spirito ci è dato come “capana della nostra eredità” in attesa della completa redenzione. Questo deve infondere a noi una gioia incontenibile (da condividere = la vita di missione nel nostro ambiante) pur in mezzo alle varie difficoltà di ogni giorno. Siamo dentro un disegno di Grazia. Purtroppo, che tristezza sulle volte! Pure durante la messa, alla presenza di Dio! Come allora testimoniare di ciò che non viviamo?
XVI D.T.O.B 22/7/2012
Ger23, 1-6; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34
Carissimi,
1.Non è compito facile l’essere pastori buoni e fedeli all’interno della comunità cristiana, nemmeno il comportarsi da sagge e docili pecorelle del gregge di Cristo. Siamo aggi radunati per pregare e imparare da Gesù, pregare per tutti i fedeli affinché tutti cerchino di essere comprensivi con i loro sacerdoti (perché non è sempre il caso, ci sono mormorazione che dovrebbero essere immagine credibile di Gesù. Abbiamo da pregare anche per i sacerdoti perché a loro volta, si sforzino di essere padri accoglienti e fiduciosi dei battezzati, che spesso si comportano da pecorelle impazzite e ribelli. Il nostro modello, a tutti noi, e il Cristo, agli che appare contemporaneamente come pecorella in tutto docile al Padre, e come pastore saggio e amoroso del piccolo gregge, ricevuto in affido durante la sua missione terrena. Fortunati siamo noi perché Gesù non è solo il modello, ma anche nostra Ferza nel vivere la nostra missione come pastori e gregge. Perdoniamoci e preghiamo.
“Sbarcando Gesù vide una grande folla…” Perché questa gente appare sfinita? Non c’è niente sorpresa che questa folla sia caratterizzata dalla stanchezza. Siamo infatti una umanità in perdita di senso della vita, una umanità disorientata. La prima cosa che affatica questa gente è che essa costituisce una FOLLA: un raggruppamento di gente senza legame nessun, spensierato incurato, senza nessun preoccupazioni gli uni per gli altri. E veramente una FOLLA. Ciascuno cerca il suo ristoro. Questo dovrebbe richiamarci al nostro essere FAMIGLIA radunata da Gesù. E vero che siamo una famiglia, oppure siamo persona l’una accanto all’altro? Siamo veramente membra dello stesso corpo di Cristo? Gesù appare a questa gente stanca come il Messia promesso da Dio fin dall’Antico Testamento (Esodo15, 13; Numeri 27,17; Ps22) e soprattutto il passo di Geremia che abbiamo ascoltato.
Gesù è il buon pastore inserito nella nostra vita quotidiana e che prova compassione di fronte alle nostre miserie.
“Gli apostoli si radunarono presso Gesù e gli riferirono tutto ciò che avevano fatto..” E giunta l’ora del reso-conto della settimana di lavoro! Qui vediamo come Gesù è veramente uno tra di noi, perché si è inserito nella nostra natura sociale. Siamo abituati alle riunioni, per fare il punto, valutare l’azione al fine di rettificare ciò che non è andato bene. Appartiene quindi alla nostra natura di esseri di relazioni, di partecipazione. Pure noi, ogni domenica, dopo ogni messa, siamo inviati come apostoli dal congedo del sacerdote. ” Andate la messa è compiuta “– Ite missa est. Per la messa successiva, ci raduniamo attorno a Gesù per riferirgli ciò che ci ha caratterizzato nella nostra missione. Che cosa ho da presentare oggi, dalla mia missione settimanale? Che cosa ho fatto e insegnato? Che cosa sto per offrirgli dalla mia vita?
“Venite in disparte e riposatevi un po’.” Alla fine, una parola sulle Vacanze. Gesù sa che gli apostoli sono in grado di donare la pace solamente quando la possiedono dentro di loro. Essendosi reso conto che sono stanchi, per questo li chiama in disparte. Qual è l’obiettivo delle mie vacanze? Gesù ci deve essere equilibrati, sereni, pacifici. Spesso l’agitazione esteriore conduce alla superficialità, e la vita ha questo doppio ritmo di vita interiore e di attività esteriore. Che cosa intendo trarre dalle mie vacanze? Qual è il valore del silenzio nella mia vita in mezzo alla mia città rumorosa? Quali sono i criteri di scelta delle mie vacanze?
Preghiamo: Signore, hai avuto pietà delle folle che erano come pecore senza pastore e tu hai sacrificato loro un tuo riposo per dargli la tua parola. Fa che nessun di noi si stanchi nell’essere messaggeri del vangelo, dacci un ardore che nessun difficoltà ferma. Amen
XVII° Domenica T. O. B Napoli,Add. Alla Pigna
2Re4, 42-44; Ef 4, 1-6; Gv 6, 1-15
L’Eucaristia, mistero della fede e vincolo dell’Unità
Carissimi,
1. Il Signore ci invitano e ci accoglie oggi per nutrirci dell’Eucaristia, nonché la sua parola, siamo soprattutto oggi invitati da compiere il nostro impegno fin da permettere a Dio di entrare nel campo della nostra storia. Già dalla prima lettera come nel Vangelo, siamo posta di fronte alla nostra pochezza, alla limitatezza della nostra condizione: venti pani d’orzo; 5 pani, 2 pesci “per sfamare la gente”
Davanti alla mia azione pastorale come prete, davanti alla vostra quasi impossibilità di curare le relazioni familiare (un marito/ una moglie/ dei figli IMPOSSIBILI..), le nostre aspettative sono soddisfate al minimo. Non dobbiamo avvilirci, giacché il nostro compito è semplicemente quello, di “porre segni che permettono a Dio di entrare in campo. Lui, e non noi, è l’unico artefice della salvezza. Però, Dio non sostituisce la nostra azione, non occupa il nostro posto.
2. Un ragazzo, un bambino, per cinque pani e 2 pesci, è entrato nella storia della salvezza. “C’è qui un ragazzo che ha 5pani d’orzo e 2pesci”. Occorre che questo ragazzo accetti di donare quello che ha!(perché non aveva mai pensato a sfamare la folla!). Pensato a questa scena:” C’era una volta un ragazzo che aveva 5pani e 2pesci mentre 5 mila persone non avevano niente da mangiare. Allora guardò tutto per lui e se ne andò a mangiarli, in disparte, all’insaputa di tutti “à zitzit, dirci, …. “
Per noi, è peggio di questa storia che non c’è stata. Noi, non abbiamo bisogno di nasconderci, mangiamo al visto e al saputo di tutti gli affamati del mondo. Il problema della fame nel mondo non è causato dalla mancanza, ma dall’inegualità e sproporzioni. I ricchi del mio paese hanno da stoccare, da gettare mentre ce ne sono che non mangiano, gli supermercato dell’occidente sono pieni mentre il fame uccide la gente. Attenzione, risponderemo della nostra responsabilità. Il mio parlamento, costatando la miseria(la dimensione/calo del reddito /entrata) si affretta a votare l’ aumentazione degli stipendi dei funzionari dello stato, invece di fare il contrario per condividere quello che c’è :Non conosco il caso dell’ Italia!
3. Abbiamo bisogno di cambiare di visione. “Fateli sedere” C’era molta erba in quel luogo” Leggendo l’episodio di Marco, mi sono reso conto di una cosa: prima i discepoli dissero : ”Il luogo e deserto ed è già molto tardi. Congedali affinché vadano.. e si comprino da mangiare” (V35-36). Quanti pani avete: 5 e due pesci. “Allora ordino loro di farli accomodare tutti, a gruppi, sull’erba verde”. Da dove viene quell’erba verde, quando affermavano prima che il luogo è DESERTO? Hanno cambiato di OCCHIALI, hanno cambiato di VISIONE. E questo che ci manca proprio, e ci mettiamo sempre a piangere, a rattristarci dalle nostre condizioni, perché il nostro sguardo non è LIMPIDO.
Al termine, erano uniste 12 ceste per le 12tribu d’ Israele :Il termine della messa, tocca a noi di portare ai fratelli assenti (per motivi vari) alla celebrazione, ma soprattutto affamati di Dio. Potremmo addurre il pretesto che i mezzi a disposizione non sono sufficienti. Però, al tempo di Elise, al tempo di Cristo, 20pani o 5pani erano RIDICOLI. I conti non tornavano, c’è voluto un ragazzo ingenuo per risolvere la situazione.
Che cosa dobbiamo dirne?
Anche oggi, Gesù non sa che farsene di “esperti” che offrono soluzioni ragionate: gli servono piuttosto persone ingenue che si offrono come soluzione. Occorre uscire dalla dimensione della proporzione per mettersi in quella della fede. Gli uomini, da sempre, si compiscono nelle persone che offrono ”soluzione miracoli” come stava per essere il caso di Gesù di fronte a questa gente che era in attesa della liberazione della fame, e soprattutto del potere coloniale. Non è un insulto se affermo di noi che rimaniamo con questa mentalità primitiva (pur dicendoci evolute, civilizzate, democratiche) . Al posto dei riti magici, ci sono slogan, promesse folli e ideologie che intrattengono la magia del progresso: Yes we can, (Obama)” il cambiamento, oggi (Le changement, c’est aujourd’hui-Hollande-) ;qual cambiamento?, cambiamo le strutture e tutto sarà risolto! Invece, Gesù ci dice: Cambiate i vostri cuori, abbiate il mio sguardo, punto di vista! Cosi sarà cambiato il nostro lavoro temporale di cui non siamo dispensati (occorre dare 5pani, 2pesci!) cosi cambierà la nostra vita nell’ARMONIA e UNITA.
XVIII° D. T.O. B
Es 2,4-15; Ef 4, 17-24; Gv 6, 24-35
Il Vangelo secondo Giovanni, specialmente nel suo sesto capitolo ci offre vari discorsi che Gesù ha tenuto nella sinagoga di Cafarnao per spiegare ai credenti il significato della manna ricevuta nel deserto, dove il popolo di Dio stava nel cammino verso la patria. Anche oggi, noi il popolo nuovo di Dio, siamo invitati a camminare, non solo camminare ma ad attraversare il mare per giungere l’ alta riva.
1. L’uomo non possiede la vita in se stesso, ma la deve ricevere da fuori. E perciò che deve lavorare per mangiare e vivere. C’è una constatazione: la vita gli sfugge perché non riceviamo la vita o il principio della vita eterna. Perciò non ci manca il tormento: dove ci verrà il pegno sicuro del dopo vita? Infatti, i beni materiali non ci soddisfanno se non per un momento. Quando abbiamo mangiato/ bevuto, la pace non è trovata. Subito nasce il bisogno di sicurezza,(una casa, il risparmio…), dopo un bisogno di realizzazione, di stima, di fama…. E veramente una scala dei desideri. Gesù non vuole impedirci di avere bisogni, ma ci invita ad amplificarli affinché giungano a Lui, termine ultimo delle nostre Fe sette. Di sicuro, i beni, pure quelli che ci vengono dal cielo, non ci possono rendere migliori da soli. Ne abbiamo un esempio: gli Israeliti, pur avendo mangiato, non lasciarono a mormorare contro DIO. L’esempio sta nella nostra vita, a volte colmata dai beni. E vero che i ricchi sono i primi a rendere grazie a Dio?
Carissimi, il vero dono di Dio che ci calma e disseta la nostra fede. Non è qualcosa, ma qualcuno. La vita cristiana non è un insieme delle dottrine o altre cose ma soprattutto, seguire QUALCUNO.
2. Di che cosa abbiamo bisogno? Attenzione, si nota un fenomeno strano che non risparmia quasi nessun di noi, pure io. Si vede lungo le giornate, sulle nostre strade un comportamento. Succhiare le caramelle, mangiare (non sono soli i turisti che mangiano a ogni momento) masticar i chewing gum e salivare.
Gli studi della psicanalisi si chiedono se sarebbe una REGRESSIONE verso lo studio infantile/puerile di un bambino che si consola delle sue pene, succhiando il suo dito, il suo pollice. Attenzione! Dobbiamo fare attenzione alla superficialità che ci impedirebbe di cercare la vera felicità e il vero bene che ci possa dissetare la nostra persona. Non sono le cose, ma qualcuno: Gesù.
Di che cosa abbiamo fame?
Che cosa vogliamo da Gesù quando veniamo alla messa? Alla preghiera? Qual è la vera sette?
SANTA BERNADETTA DELLA CROCE (Edith Stein): Patrona d’Europa. Osea2,16-22; Ps44(45); Mt25,1-13
Questo brano del vangelo ci parla della saggezza nell’attesa: non solo prender con sé la lampada, con la sua ordinaria scorta di olio, ma anche dall’altro olio di riserva. Si tratta di andare al di là del SOLITO nell’attesa, si tratta della PAZIENZA nell’aspettare l’ora di Dio. Notiamo che tutte queste ragazze si addormentano. Infatti, è facile addormentarsi sulle proprie abitudini e sulle proprie sicurezze.
L’Attesa è oggigiorno un atteggiamento difficile per noi abituati al premere 2, 3, 4 sul telecomando, abituati al micro onde (in 2 minuti avrò questo). Perché si deve aspettare se si può avere tutto e subito? Perché aspettare il matrimonio per vivere come marito e moglie? Tutto non costituisce un imparare facendo! Attenzione alla moda! Invece di modellare il mondo con la tecnica, essa ci sta modellando al nostro vivere quotidiano.
Nella notte si alza improvviso un grido: cos’è? Quello dalla terra dei paesi poveri, dai popoli in guerra, dagli anziani abbandonati senza compagnia, da chi sprofonda nell’ANGOSCIA, DAL VANGELO e predicazione domenicale. Di fronte a questo, non sapremo fare brillare la piccola ma indispensabile fiammella della speranza per chi chiede conforto, compagnia, sostegno, amore, se non si ha nel cuore quel supplemento d’olio, cioè un poco dell’energia evangelica. Così, nei momenti come questi, abbiamo perso di entrare con lo sposo, o meglio, abbiamo perso/ mancato un fratello, una sorella, lascandoli nella tristezza e solitudine, nella loro disperazione.
XIX° D.T.O B: 1Re19, 4-18; Ps 33; Ef4,30-5,2; Gv6,41-51
“Il pane della vita, sostegno per il cammino.”
Carissimi, siamo di fronte al rischio dell’incarnazione, quel del rifiuto di un Dio che è venuto ad abitare fra noi ne facessimo un’esperienza diretta fin da conoscere il suo villaggio, il suo padre, sua madre. Infatti, i Giudei dicevano:” Colui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre?” Ecco la ragione, o meglio la pretesa del rifiuto di questa ragione ragionante dei contemporanei di Gesù. A guardarlo da vicino carissimi miei, non siamo pure noi di versi di loro. Abbiamo, infatti, paura di qlc’1 che ci stia vicino fin da sapere i nostri minimi movimenti. Viviamo oggigiorno un’epoca della PRIVACY della liberta e dell’area che manteniamo perfino nelle piazze pubbliche, sui mezzi di trasporto pubblico. Mi devo scusare ogni volta che tocco del dito un abito di chi mi sta accanto sull’autobus! Che cosa tradire questo? Non è forse questo desiderio di salvaguardare la mia area privata da salire con essa in treno? Siate attente perché una tale chiusura che banisce tutti ad accedere nella mia “ famosa area privata” non diventa anche la chiusura a questo Dio che abitò fra noi, di cui sappiamo il padre e la madre. Siate attenti perché non ci chiudiamo a questo Dio se prossimo da identificarsi al pane quotidiano che portiamo all’altare e che diventa il suo corpo. Scandalo per la ragione che non capisce niente, scandalo per chi non si mette nella disponibilità dell’ ascolto della Parola di Dio, alla quale riserviamo spesso poco tempo, soprattutto nelle prediche della domenica, che seguiamo “annoiati, nella segreta speranza che il prete finisce al più presto possibile per andarsene.” Se non apriamo al prossimo, forse ci apriremo a Dio che invade la nostra vita quotidiana? E perciò non vogliamo di un Dio così vicino che lo releghiamo nel cielo, il più lontano possibile delle mie faccende. E il figlio di Giuseppe, quindi, c’è troppo vicino che non lo possiamo accettare perché Egli sa tutto di noi. Attenzione.
- Cosa ci ispira la lettura come comportamento?
2.1 Abbiamo da adottare l’atteggiamento del profeta Elia (1e lettura) nelle nostre difficoltà del cammino. Abbiamo da mangiare la Parola di Dio ( a cui riserviamo poco tempo, l’ho detto) e il pane de cielo per metterci a camminare. Quanti hanno abbandonato la comunione per vari motivi, soprattutto perché non vedono niente a cambiare nella loro vita? E vero, come guardano con occhi della ragione ragionante, non vedono niente. Si, tale è stato il caso di Elia, dopo aver compiuto il miracolo facendo piovere, è stato” ricompensato”: Volevano ucciderlo che ha fuggito. Eccolo che non capisce e dice: BASTA! Non sono migliore. Cosi siamo noi nella vita, quando ci scoraggiamo. Però, davvero, qdo mangiamo del pane del cielo, subito cominciamo a irrobustirci: Se potessimo pesarci sui bilanci del cielo,e non sulle nostre bilanci della ragione centro sufficiente, di sicuro ce ne renderemmo conto. Non ci avviliamo qlcosa cambia. Così, potremmo camminare40giorni/notte per rinascere all’altra vita, come gli Ebrei hanno passato 40 anni nel deserto per rinascere alla vita della terra promessa (Forse non lo sapete ci vuole 40 giorni nel grembo materno per nascere = 40 sett × 7 =260giorni =9 mesi)
2.2 Un altro atteggiamento sbagliato è di quelli che pensano credere in Gesù, credere la parola di Dio, senza però credere nella chiesa, sacramento visibile di Gesù e della salvezza. Ci sono vari pretesti: come nella sua realtà terrena, sappiamo tante cose, pure che non vanno bene, allora siamo come i Giudei che non vogliono di queste cose ordinarie. Vogliamo una Chiesa straordinaria come un Dio lontano! La seconda lettura ci ha chiamati alla vita in comunità. Non fare cavaliere solo perché abbiamo un po’ di tutto a casa. Non ce la faremo! Perché vi isolate in mezzo alle città? Elia cerca la fuga nel deserto ma Dio lo conduce lontano, a Horeb, lo conduce al suo incontro. Dove vuoi incontrarlo?
ASTI
XX° D.T O B: Pr 9,1-6; Ef 5, 15-20; Gv 6,51-58
Continuiamo a meditare sulla vita che riceviamo da Dio tramite la sua parola soprattutto in questi giorni (domeniche successive) nel Vangelo sul pane della vita. IL Signore ci chiama oggi ad attaccarci sull’essenziale nella nostra vita, a non perdere il nostro tempo.
Dalla prima lettura, la Saggezza c’è presentata non come una signora seduta in una cattedra, ma come una persona che imbandisce la sua tavola e che invita a banchettare, inviando pure i messaggeri in tutti i punti alti della città per invitare i distratti. Questo passo fa sicuramente profezia dell’Eucaristia. Dobbiamo chiederci allora perché sono cosi pochi quelli che rispondere generosamente a quest’invito a partecipare alla messa del Signore.
Forse, ci mettiamo (sacerdoti e fedeli Xns che partecipano alla messa) a predicare contro chi non frequenta la messa. Il nostro compito non è al contrario quello di fare vedere agli assenti i frutti meravigliosi che producono in noi il nostro partecipare alla messa e alla mensa del Signore? Perché non riusciamo convincerli? C’è un pericolo nelle nostre parole: il pessimismo.
Il pessimismo della seconda lettura ci piace: i tempi sono diventati cattivi. Che belle parole per noi! Il pessimismo verbale non è del nostro tempo ma vecchio/antico quando l’uomo, pure nel tempo di San Paolo. Occorre ascoltare i nostri discorsi. Secondo molti i politici sono corrotti,… (pure se ci fosse qualcuno che non lo sia e che lo dice, non saremmo convinti!) il commissario tecnico della nazionale (calcio) è incompetente, … i Vescovi parlano spesso ce sproposito: il nostro parroco non fa altro che chiedere i soldi …. Le prime parole dei TG: scontro,… incidente,…. Attentato …. L’area che non ha giunto a destinazione (come se fosse l’unico a viaggiare …).
Una saggezza dice: quando fa buio, non serve a niente maledire l’oscurità, occorre invece accendere una luce. Infatti, la luce fa vedere e siamo ormai all’epoca del “Fare vedere” con la T V. (da 1 secolo). Abbiamo comunque bisogno di prendere saggiamente atto del brutto tempo, e in conseguenza impegnarci a renderlo migliore.
- Come lo facciamo?
Bisogna fare nostra la parola di Gesù, fare nostro il suo corpo (incorporarcelo) perché ci comunichi il principio della vita che non subisce il pessimismo, dato che garantisce (migliore) il presente: Ha la vita eterna e assicura il futuro di cui abbiamo paura: Io lo risusciterò! Questo lo dovremmo capire subito perché siamo generalmente disposti a capire le situazioni della vita ordinaria: il cibo di origine animale/ vegetale è stato vivente prima di essere consumato per mantenere in noi la vita, il principio biologico della vita. In Gesù, è diverso il cibo e cosi è diverso perciò il principio che ci comunica. Il nostro problema è che abbiamo distaccato la vita ordinaria dalla vita di fede. Non ci dovrebbe essere questo scorto. Nella vita ordinaria (anche se non c’è più per causa dell’incarnazione!), la pubblicità del cibo per dimagrire, per stare bene nella salute, per realizzarsi , come si mostra il bene dell’acqua San Benedetto, del cioccolato …; lo capiamo subito. Non abbiamo da chiedere dimostrazioni. Lo stesso discorso pronunciato all’ambone diventa incomprensibile. Perché? Proviamo oggi di vivere la fede al livello ordinario.
SAN ROCCO (1295-1327)
Nato a Montpellier (Francia)
Figlio di un governatore francese di Montpellier, è stato un figlio nato nella vecchiaia come una ricompensa alla preghiera dei genitori che muoiono presto qdo Rocco aveva solo 20 anni. La tradizione racconta di questo bambino miracolo che è nato con una croce rossa sul petto. Venduti i suoi beni, parti per Roma, chiedendo elemosina e assistendo gli ammalati e i poveri, operando guarigioni miracolose. Rocco ha vissuto a Roma per 3 anni senza farsi conoscere al Papa. Tornando nel suo paese, Rocco fa colpito dalla peste in nord dell’Italia e si ritirò in una capanna nella foresta, dove, ogni giorno, un cane gli apportava il pane, come intervento del cielo.
E arrivato a Montpellier come straniero, perché non fa più riconosciuto del suo zio che lo mise in carcere dove morirà dopo 5 anni, accusato di essere spia. Dopo ai suoi funerali, fu riconosciuto grazia alla rossa crocettina del petto. Dalla sua storia è nata l’espressione: San Rocco è il suo cane.
Festa di San ROCCO: Mombarone (Asti)
Letture. : 2Cor 12,5b-10; Lc 9,1-6
Carissimi,
di fronte alla nostra missione, Dio ci invita a non fargli diaframma per le nostre doti umane che ci impediscono di essere trasparenza di Cristo. Non abbiamo da fare figura di Eroe come non lo è stato Rocco che se avesse voluto esserlo, sarebbe rimasto nel suo paese. Neanche, il gran Santo Apostolo Paolo perché è tormentato al suo interno come all’esterno. La prova maggiore dell’autenticità del suo mandato è proprio la sua fragilità che permette alla travolgente opera di Dio di apparire in pienezza. Ci vuole pazienza e accettazione di se stesso. Noi, non sappiamo quale fosse la spina nel fianco di Paolo, però, sappiamo qual è LA NOSTRA: un difetto, un vizio, un atteggiamento che non riesco a superare. La preghiera sola ci aiuta a capire che, se Dio non ci guarisce, tutto, però andrà a sua maggior gloria. Dal Vangelo che abbiamo ascoltato, non ci dobbiamo allora avvilire che tutto non vada bene, o meglio, non sembra andare bene. La fiducia nella provvidenza di Dio ci aiuterà, se vi crediamo, se crediamo prima in tutto ciò che proclamiamo e facciamo. Tal è il senso delle Parole: non prendete nulla per il viaggio. E com’è sconcertante (a) vedere la nostra ansia, inquietudine per l’indomani! Non bisogna essere esperto per leggere la tristezza sulle nostre facce, pure qdo siamo davanti a Dio ascoltato la sua parola nelle nostre celebrazione cosi fredde! ( i cristiani dicono di essere salvati, ma non lo paiono, disse Nietz….) La guarigione di cui parla il Vangelo non è prima del tutto quella dalla peste o dei tumori .., perché c’è una pesta tremenda dalla disperazione e dello scoraggiamento. Ci vuole il condividere la nostra gioia che riceviamo da Dio, ci vuole una vita che veramente è luminosa di Cristo. Ci aiuti questa festa di San Rocco a gioire nella nostra vita, anche sé qdo tutto non seniore andare bene, g… c’è la pesta multi forma.
Asti: ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (2012)
1. Stiamo celebrando una delle feste più care e più sentite, soprattutto per quello che significa. Maria Santissima al termine della sua vita terrena, è passata per la morte, ma il suo corpo non ha subito corruzione, e ora partecipa alla gloria del risorto. Tutto quello che Maria ha vissuto con il suo corpo, grazie al suo corpo, tutte le sue relazioni, come quella del vangelo che abbiamo letto, le sue fatiche, le gioie e le sofferenze, la trepidazione e le speranze,… tutto è entrato nell’eternità.
Mettiamoci allora a contemplarla nella gloria perché ciò rinnovi in noi la certezza che la meta del nostro pellegrinaggio terreno è il cielo, il Paradiso: essere come Maria nella gloria, essere con Cristo risolto.
2. Perciò, il Signore non ci chiede di compiere imprese strabilianti, di impegnarci in gesti straordinari: un nostro sorriso e un saluto(la gente di oggi non si saluta più) sono sufficienti per comunicare ai fratelli (alle sorelle) la grazia che salva, perché siamo ripieni di Dio. Soffermandoci al Vangelo di oggi, non sarebbe sorprendente che non ci parli dell’assunzione di Maria, né della sua morte, ma del fatto dell’incarnazione che ci rapporta alle realtà semplici della vita quotidiana. Siamo oggi davanti ad una Scena umile, semplice, umana, però piena di significato. Qui, lo Spirito Santo si serve di 2 pance di queste 2 donne per propagarsi nell’ umanità. Carissimi, questo dovrebbe richiamarci al rispetto del nostro corpo, oggigiorno strumentalizzato (super-strumentalizzato) soprattutto il corpo femminile. Basta vedere le diverse pubblicità, non ho niente da insegnarvi! Mi devo fare capire: rispetto ≠ suresaltazione!
Le letture di oggi ci invitano per altro a un ottimismo vitale nelle diverse difficoltà della nostra condizione umana. Infatti, qual è questo segno grandioso: questa donna ammantante di sole, che sta gridando per le doglie e il travaglio del porto? Ci affrettiamo spesso a dire che è Maria. Così, questa lettura non ci riguarda più. Prima di tutto, tale cosa parla dell’umanità nella sua storia. Le notizie della T V, dei quotidiani … ci parlano ogni giorno di questo tragico spettacolo. Ma dobbiamo riuscire a dare senso alla sofferenza umana, al dolore. Riusciamo a vedere nella nostra inevitabile sofferenza uno sforzo del parto della nostra redenzione? Oppure siamo in preda delle folle promesse della tecnica che promette l’eliminazione totale del dolore: l’aspirina, il telecomando (per non alzarmi e andare a cambiare il Canale). Non siamo di quelli che vivono la legge del minimo sforzo? Siate attenti perché rimaniate voi a modellare il mondo per la tecnica e non il contrario!
4. In fine, una parola “sulla” chiesa. Nel magnificat, vediamo la proclamazione della condizione umile della verro di Dio, però ci sono parole di una rivoluzione: … ha spiegato la potenza del suo braccio …, …. Ha rovesciato i potenti dai troni ….(Un renversement). Dal canto impariamo:
– La misericordia di Dio non delude mai nelle sue promesse.
-L’investimento delle situazioni umane
A volte, ce ne sono che affermano che la chiesa è ostile al cambiamento. Però, come lo fa notare l’emancipatore Nero Martin Luther King, la chiesa, per il vangelo, ci porta al nostro ideale e dignità di Figli di Dio e apre i nostri occhi alla nostra destinata. Dopo che ci siamo resi conto della nostra condizione, ci siamo alzati per scuotere le catene a noi imposti dai poterti (le rivoluzioni) ma purtroppo, non siamo rimasti fedeli alla chiesa per che ci indicasse la giusta e vera via per acquistare/ conquistare la vera libertà. Abbiamo da seguire la Parola di DIO. Che questa festa ci aiuti!
XXI° Dom. T.O Anno B Gs24, 1-18b; Ef 5, 21-32; Gv 6, 63-68
“Da chi andremo Signore?”
1. L’uomo ha in mano il proprio destino e può sempre e liberalmente rifiutare il dono di Dio e la comunione con Cristo. Per altro, l’uomo è creato per vivere la relazione di amore con Dio, il quale deve continuamente scegliere tramite gli atti quotidiani. Ciò non vuole dire però che l’adesione alla fede sia una conquista dell’uomo, bensì un dono del Padre che va chiesto costantemente. C’è un errore frequente … è pericoloso di credere che per stare con Dio e vivere la sua legge, basta sceglierlo una volta solo nel battesimo. Invece, si tratta di impegnarci nel risceglierlo sempre, innovando il nostro impegno di mettere in pratica la sua Parola. Come lo abbiamo ascoltato nella prima lettura, la nostra vita , non solo quella di folle, ci pone di fronte a scelte che continuamente ci provocano e ci chiedono da che parti vogliamo stare: ogni evento della vita, per quanto piccolo passa sembrare, ci deve aiutare a riscegliere Dio e il suo regno. Non c’è una vita normale e ordinaria che non venga legata alla fede, perché non siamo da un l’atto, fedeli cristiani,e da un altro, semplici cittadini.
Oggi, stiamo vivendo un epoca impregnato di superficialità e di trascuratezza, perché non ci vogliamo impegnare fin in fondo. La cosa si mostra nei rapporti familiari trai coniugati, dove il rapporto tra marito e moglie dovrebbe andare vissuto senza banalità e mancanza di rispetto. Quale sarebbe la causa di questo? Non si deve riflettere sull’aspetto odierno dell’USA e GETTA che va creando in noi un altro modo. Non c’è un momento della vita che non valga la pena di essere curato. Che tanta gente viva il matrimonio prematrimoniale, alla prova, sono di questo avviso che questo non aiuta!” Pouvons-nous vivre à l’essai?” Abbiamo da riscoprire la bellezza di una vita familiare degna, all’immagine della relazione che sussiste tra la chiesa e il suo sposo, Gesù Cristo.
Carissimi, la trascuratezza di cui stavo parlando ci prosegue e ci impone a volte di diluire la verità per non perdere la popolarità, la compagnia, però ci troviamo di fronte a ciò che avremmo evitato. Oggi, Gesù non ci va per mezzo-termini: “Volete andarvene, anche voi?” A volte, il discorso della chiesa si rivela come insostenibile. Perché? Il problema, ve lo assicuro, non sta nel discorso in sé, ma nella nostra mancanza di fede, e vorremmo portare il messaggio divino al nostro livello. Basta sapere che la fede non è prima del tutto un insegnamento, una dottrina che sia chiara e comprensibile in tutto, ma soprattutto la Fiducia in una persona, una rinunciazione alle mie propri luci del ragionamento per affidarmi ad un altro “Quado mi affido a qualcuno, non avrò da chiedere tutto ad ogni passo del cammino! La vita senza curve(amakona, amakorosi) non esiste. Però, come abbiamo distaccato la vita di fede della vita a casa nostra, non c’è problema qdo vado nella città, pur non vedendola dall’inizio del percorso! Chi vi ha detto che tutto si potrebbe capire in un momento! La vita di fede non è un premere 2,3,4” come sul telecomando! Attenzione! Se desideriamo sinceramente operare la nostra salvezza, meno ci preoccuperemo dei dubbi eventuali (che non ci mancheranno mai) come non ci preoccupiamo di che cosa è al di là della curva!”Signore, da chi andremmo?”
III° Domenica PASQUA C
Letture: At 5,27b…41; Ps29; Ap 5, 11-14; Gv 21, 1-19.
0. Il Vangelo di oggi ci mette davanti a due scene : la prima conclude le apparizioni e come Gesù non rimarrà più con i discepoli, al meno nel modo in cui è sempre stato con loro, questa prima scene si prolunga nella seconda nella quale Pietro viene rinvestito dalla missione di reggere e pascere il gregge nel nome del Buon Pastore (Gv 10,1-19).
1. Nel vangelo, Giovanni ci dà un’indicazione di luogo molto eloquente. La terza ed ultima apparizione del Risorto avviene sul mare di Tiberiade. Come lo abbiamo già meditato dalla Pasqua, le prime apparizioni furono nel chiuso del Cenacolo di Gerusalemme, mentre, oggi, siamo all’aperto, alla riva del mare. Questo mare generalmente indicato come lago di Galilea o di Genesarete, non lo è oggi. Infatti, Tiberiade è stato costruito dai Romani in onore dell’imperatore Tiberio, in onore del colonizzatore pagano. Per questo carattere di Tiberiade, gli Ebrei non frequentavano la città. Quest’indicazione cioè, all’aperto, nel mondo perfino pagano, è importante allora per questo nostro tempo della nuova evangelizzazione che non ha (e non deve avere) confine. Il vangelo è destinato fin dall’inizio a irradiarsi al di là dell’antico Israele, per diffondersi lungo le vie del mondo. Non ci sono più stranieri, soprattutto tra coloro che hanno accolto il Vangelo!
2. La seconda idea che possiamo vedere nelle letture di oggi, è che questa esperienza del Risorto dovrà sperimentarsi nel vissuto quotidiano, nella vita attiva, qualsiasi sia. Purtroppo, il nostro mondo ha la tendenza di escludere il Vangelo (sottointeso il cristianesimo che glielo porta) nella vita pubblica, riducendolo ad una cosa privata. Giovanni dice che l’apparizione è stata come “preparata dall’attività di pesca che svolgono Pietro e i discepoli. Sono in tutto sette, numero che sta per parlarci della totalità della Chiesa che è mandata à pescare sotto la guida del peccatore diventato pescatore degli uomini. Infatti, è Pietro che prende l’iniziativa di andare à pescare, e sarà anche lui a tirare la rete a terra: vediamo qui la missione apostolica diretta da Pietro. Prima di mandarci a pescare, Gesù ci ricorda che la pesca degli uomini, l’avventura dell’apostolato è possibile solo obbedendo alla sua PAROLA, nella sua presenza. Per tutta la notte, infatti, questi esperti nell’arte della pesca non hanno preso niente. Vale a dire che il mondo si attiverà sempre nel buio della notte, ignorando che Gesù lo chiama nella luce dell’Alba, come quella della risurrezione, indicando le modalità della pesca. È Gesù che ci dà da mangiare, non illudiamoci: ”appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra e del pane” e mangiarono. Adesso possono completare con il frutto della “loro” pesca; “portate un po’ del pesce che avete preso ora”. Non abbiamo forse invertito l’ordine, poiché è proprio quando ci manca qualcosa, quando non riusciamo a avere il necessario, che ci torniamo allora al Signore? Continuando cosi, cosa potremo fare? Ripartiamo quindi dall’umiltà per nutrirci dalla povertà della fede che sarà colmata dalla bontà di Gesù: la nostra azione non è prioritaria! Non è possibile altrimenti.
La seconda lettura ci presenta un esempio di semplicità e d’umiltà per la nostra vita che deve essere di lode dinanzi alla maestà divina: abbiamo sentito parlare di una lode cosmica che viene elevata all’Agnello da tutte le creature celesti. Gli anziani, come per dare forza alla loro lode, si “prostrano” dinanzi all’Agnello. Con il loro corpo, manifestano l’Adorazione e la devozione verso il Risorto. Come non possiamo buttarci nel lago come lo fece Pietro, abbiamo lungo la giornata, questi gesti umili e semplici, ma efficace: un genuflessione davanti al santissimo Sacramento, alzare le mani quando lo si deve fare, un semplice e consapevole gesto di inclinazione di testa quando passiamo davanti a una Chiesa, che è presenza del Signore. Cosi guardiamo al nostro cospetto la presenza di Gesù.
3. La terza idea sarà allora possibile per chiunque che si riconoscerà umile lavoratore nella vigna del Signore. La triplice professione dell’amore di Pietro ci è offerta oggi come modello. “Pietro, figlio di Giovanni, mi AMI…? Tu lo sai che TI VOGLIO BENE”. Vediamo nella risposta di Pietro la nostra incapacità di corrispondere pienamente all’amore incondizionale che chiede il Signore. Mentre Gesù chiede l’Amore : Agapè (MI AMI?) Pietro risponde con la Philia (Ti voglio bene). Dopo due tentativi, direi cosi, il Signore scende al livello delle possibilità che possa offrire il povero pescatore/peccatore che è Pietro, che sono io, che sei tu: “Simone, figlio di Giovanni, MI VUOI BENE? Ecco come è paziente Gesù quando ci affida la sua missione. Che siamo orgogliosi! Che superbia da parte nostra!
Quante volte mi lascio illuminare da questa prospettiva della Parola nello svolgimento del mio lavoro quotidiano? Oppure rimango come i capi del Sinedrio che sono rimasti nel passato, pur essendo familiarizzati con la Scrittura, chiudendosi al vero senso della presenza del Signore che non è la liberazione d’Israele dal potere romano, ma dalla schiavitù del peccato della chiusura alla grazia. Non abbiamo paura allora, Gesù non sta per contare quanto è stato grande la nostra debolezza, ma ci chiede solo la nostra umili e disponibile collaborazione, il resto, ci penserà sicuramente.
Sia lodato Gesù Cristo.