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Gesù non subisce la morte, ma si fa obbediente, sin’alla morte, per salvare tutti noi.

AU FIL DU TEMPS (Articles publiés)


Christ-RoiPer l’incarnazione Gesù, Figlio di Dio, è veramente uomo come noi e ci ha aperto i tesori della misericordia di Dio. Ha realizzato la nostra salvezza con l’obbedienza al Padre, che lo ha salvato non dalla morte, ma attraverso la morte, e lo ha reso salvatore del mondo. La morte non ha quindi l’ultima parola su Cristo e quanti si sono fidati di lui. Il Venerdì Santo, con la liturgia, la via crucis e le varie processioni o esercizi di pietà, non è fatto per suscitare emozioni e compassione superficiale per le sofferenze di Gesù, ma per meditare e pregare sull’immensità dell’amore che ci a salvati, per ringraziare il Signore perché ha offerto la vita per tutti e per ciascuno, per condividere il suo desiderio di salvare l’umanità e, infine, per decidere di collaborare con lui.

Nel racconto della passione l’evangelista Giovanni smorza tutti gli elementi umilianti dei sinottici Egli vede Gesù come assoluto protagonista degli avvenimenti, che liberamente si insegna, perché deve rivelare la propria identità di Figlio di Dio e prendere possesso del suo regno. Il suo trono è la croce. Dio e prendere possesso del suo regno. Il suo trono è la croce. ‘sta la gloria del Padre e la propria.

Infatti, se la Chiesa ha scelto la passione di Giovanni per il Venerdì Santo, è perché per lei, molto più che di tristez5a, è un giorno di scoperta sempre più approfondita del modo divino di realizzale la salvezza a opera di Gesù, mosso dallo Spirito in obbedienza al Padre, il quale vuole la salvezza di tutti. Per Giovanni la passione di Gesù non è meno sofferta :he per i sinottici, ma i singoli fatti vengono trasfigurati dalla prospettiva che nella passione e nella morte in croce si rivela fino a che punto arriva l’amore del Padre, manifestato da Gesù e in Gesù.

Evidenziamo solo alcuni punti.- Giovanni sottolinea che Gesù sa non solo ciò che sarebbe accaduto, ma anche il valore e il senso di ogni avvenimento. Per questo egli con sovrana libertà si presenta a coloro che sono venuti a catturarlo, ci tiene a proteggere i suoi amici “come il Buon Pastore che da la vita per il suo gregge” e rimprovera Pietro, che ferisce con la spada Malco, perché ostacola la realizzazione del progetto del Padre.

– Non reagisce con l’indifferenza all’iniziativa dei suoi accusatori, per questo risponde ad Anna e non subisce passivamente lo schiaffo della guardia, rivendicando la correttezza della propria risposta. È imperturbabile che Anna e Caifa e Pilato ricorrono alla violenza

– Il processo davanti a Pilato, poi, è un capolavoro di costruzione teologica e di ironia giovannea. Il giudice romano proclama per tre volte che Gesù è innocente, mentre colui che viene processato (cioè Gesù) accusa di peccato Pilato e ancora di più coloro che lo hanno consegnato a lui. L’accusa portata in tribunale è di lesa maestà, perché Gesù si sarebbe fatto re, infrangendo le leggi romane. E lui, in risposta a Pilato, in realtà si proclama re, ma non in concorrenza con i regni di questo mondo, così che il governatore romano non può condannarlo per questo.

– I soldati, da parte loro, volendo sbeffeggiare Gesù, lo incoronano con le spine; ma per Giovanni è la scena centrale di tutto il processo e quindi una vera incoronazione e riconoscimento della regalità di Gesù. Il tutto riceve il sigillo dell’autorità romana, quando Pilato scrive in tre lingue, cioè per il mondo intero (latino per i governi, greco per la scienza e l’ebraico per la religione), che Gesù è il re dei Giudei e, di fronte alle rimostranze dei capi dei sacerdoti, rifiuta di cambiare la scritta. Il riconoscimento della regalità di Gesù si conclude con la sepoltura in un sepolcro nuovo e con una quantità enorme di aromi, cose riservate ai re.

– I capi dei Giudei hanno davanti a loro il Figlio di Dio, ma non vogliono riconoscerlo. Mosè aveva scritto nei comandamenti: «Non avrai altri dèi di fronte a me» (Es 20,3). La risposta dei capi a Pilato: «Non abbiamo altro re che Cesare», risulta una specie di parodia del primo comandamento e sancisce la loro scelta di sottomissione non a Dio, ma all’imperatore romano. Gravissimo, no?

– Infine, la glorificazione di Gesù viene completata da Giovanni nella morte: compie gli ultimi gesti perché siano realizzate le Scritture e sia evidente che lui ha obbedito al Padre; esprime la consapevolezza di aver « compiuto’ tutto ciò che il Padre gli ha indicato; « consegna Io spirito », cioè dona lo Spirito Santo, come aveva promesso.

Così il Venerdì Santo, pur dando spazio a un po’ di amarezza per le sofferenze e la morte di Cristo, è celebrato dai cristiani come il giorno in cui risplendono, da una parte, la pienezza dell’amore di Cristo, che offre la vita per la salvezza di tutti i suoi fratelli, e, dall’altra, la glorificazione donata a lui dal Padre, che lo rende re bell’universo e salvatore del mondo. Di fronte a questo splendore gli atteggiamenti spirituali più consoni sono: l’adorazione, la lode e il ringraziamento al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, con una rinnovata e incrollabile fiducia nella misericordia della Santa Trinità, che cancella il peccato del mondo e i peccati di tutti e di ciascuno.

 


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